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Tre recensioni

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Messaggio Da Rutran Lun Gen 10, 2022 4:41 pm

Ho scritto tre brevi recensioni (da circa 3.200 battute) per un quotidiano nazionale, è andata a finire che non l'hanno pubblicate. Le metto a disposizione delle le riviste interessate: se una qualche realtà vuole pubblicarle non ha che da manifestarne l'intenzione in questa discussione.


La memoria dell’uguale

Alfredo Zucchi

Alessandro Polidoro Editore, 132 pp

«L’entropia – la sedicente ineluttabile dispersione di energia nei processi che coinvolgono il calore, dispersione che aziona la freccia del tempo e la sua irreversibilità – non è una proprietà dei sistemi osservati, ma di chi li osserva. Se fossi il demone di Maxwell, se avessi informazioni adeguate, potrei disporre le particelle calde e quelle fredde in un sistema chiuso in modo tale da evitare l’inevitabile. Al momento opportuno, in un laboratorio ideale, […] potrei persino, teoricamente, invertire la morte biologica di un organismo.» Le strutture narrative dei nove racconti fantastici che compongono la raccolta – ripiegandosi su se stesse fino alla completa distorsione della causalità e quindi dei canoni realistici – mimano l’andamento paradossale delle leggi microscopiche che regolano l’infinitamente piccolo: il mondo quantistico. Il fantastico cupo e angoscioso – cosa può la mente lineare dell’uomo dinnanzi al caos e all’indeterminazione se non l’esperienza dell’angoscia? – scaturisce dall’incontro sconvolgente con la gravitazione quantistica a loop. La circolarità viziosa s’infiltra nei tessuti connettivi dei testi fino a impregnarli mettendo in discussione l’identità, la memoria e il tempo.

«Quando morì, i passanti si voltarono, si fermarono e si appoggiarono alla balaustra per guardare sotto […]. Tutti tranne l’avventore che, è bene ripeterlo, è sacro: egli incarna la possibilità stessa che un evento accada, che il corso delle cose s’increspi e si rinnovi – che emerga, per un momento, il mostro dalla palude della ripetizione.» Lo ieratico copula con l’assurdo su un giaciglio di ritualità, di morte e di erotismo generando enigmi che il lettore non può sciogliere, ad esempio un bimbo riceve in dono dal nonno morente un libro in cui si scrive (da sola) – man mano che accade – la sua vita, ma questa che non è che l’ultimo capitolo della storia millenaria fatta di persecuzioni subite della sua genia. Oppure un uomo d’affari viene processato perché – avendola scoperta per caso – lucra su una stanza entrando nella quale ogni problema, affanno o criticità si dissolve, solo che nel giro di poco tempo chi c’ha messo piede muore, anche se non sapremo mai né come né a causa di cosa. Poderosa si sente l’influenza della letteratura fantastica rioplatense: Borges, Cortázar e Onetti.



Il volo magico. Storia generale delle droghe

Ugo Leonzio

Il Saggiatore, 320 pp

«Abbiamo bevuto il soma, siamo divenuti immortali, abbiamo visto la Luce, abbiamo trovato gli Dei», recita il Rgveda. Non lasciarono tracce i vedici che non fossero linguistiche, parole e formule che scandivano rituali «al centro dei quali – scrive Calasso – appariva una pianta inebriante, il soma […] Uno stato di coscienza diventava il perno intorno a cui ruotavano, in una meticolosa codificazione, migliaia e migliaia di atti rituali. La mitologia, e così anche le speculazioni più temerarie, si presentavano come una conseguenza dell’incontro fatale e dirompente fra una liturgia e l’ebbrezza». Dalla macerazione di quale pianta s’estraesse il soma non lo sappiamo, da lungo tempo l’umanità l’ha dimenticato, già tre millenni fa gli inni vedici ne parlavano come qualcosa di appartenente al passato, che non si riusciva più a reperire (forse anche a seguito di migrazioni): la sostanza psicotropa («La bevanda mi trascina come un vento di tempesta. Ho dunque bevuto soma?») ed enteogena («Una sola metà di me è più grande dei due mondi. […] Ho superato in grandezza il cielo e la terra. […] Io immenso, mi innalzo fino alle nubi. Ho dunque bevuto soma?») arcaica per antonomasia è anche la pianta mitica per eccellenza.

Ricettacolo dello scibile intorno alle droghe, collezione strabiliante di fonti e testimonianze le più disparate ed eterogenee sulle medesime, questo testo pubblicato per la prima volta nel 1969 fa di ogni sostanza – dall’oppio all’LSD passando per la mandragola e lo stramonio – l’occasione per un’investigazione erudita (con un certo gusto per l’ameno) che investe chimica, farmacologia, archeologia, documentazione minuziosa degli effetti, storiografia, filologia, antropologia, tecniche di raccolta e preparazione, iconografia, medicina, mitologia, usi cerimoniali, dossografia, tossicologia, botanica.

Eppure gli intenti di Leonzio non sono solo enciclopedici (se così fosse il libro sarebbe senza fallo invecchiato male), gli preme far emergere una sua visione profonda del fenomeno psicotropo che parte dalla distinzione tra «droghe sterili e droghe produttive». Alla seconda categoria appartengono gli psichedelici («uniche droghe atte a produrre teofanie di tipo mistico»), alla prima sostanzialmente tutto il resto. Solo con gli psichedelici si attraversano le porte della percezione, si ha accesso alla morte e alla rinascita, «fiorisce la realtà». Psichedelico significa letteralmente «che rivela la mente» ed proprio la mente l’oggetto ultimo di studio di Leonzio, non a caso autore della magnifica introduzione all’edizione Einaudi de Il libro dei morti tibetano. Bardo Thödol.



L’anno che a Roma fu due volte Natale

Roberto Venturini

SEM, pp 192

«Da molto tempo le capitava di svegliarsi paralizzata, avvertendo la presenza di Sandra che la osservava tutta seria e con il capo reclinato verso il pavimento in marmo e granito rosso. Di solito sussurrava qualcosa, a volte però la sentiva singhiozzare, e Alfreda avrebbe voluto raggiungerla – anche se un poco la inquietava – e chiederle il perché di tanta tristezza». Sandra è la Mondaini, Alfreda è una vedova (suo marito è scomparso in mare, il corpo non è mai stato ritrovato) con chiari segni di demenza senile, un’accumulatrice compulsiva, obesa, diabetica, ipovedente e depressa che soffre di paralisi del sonno. Se ne sta rintanata nel sommo degrado del suo ingombrissimo villino-discarica («cumuli e cumuli di feci di insetti ammantavano ogni cosa, e ogni volta che la donna spostava un oggetto piovevano sul pavimento. Era impossibile vivere là dentro senza ammalarsi o prendersi un’infezione, perché quegli animaletti calpestavano i corpi decomposti dei compagni pieni di batteri, spargendoli in ogni dove. Anche sulle braccia martoriate di punture di Alfreda, a cui tra l’altro quella mancanza d’igiene aveva causato problemi respiratori») al Villaggio Tognazzi, Torvaianica, assieme al figlio Marco, un giovane tossichello disoccupato e vagamente dismorfofobico che a sei anni ha recitato la parte del bambino con la erre moscia della pubblicità del dado Knor. Le condizioni del tugurio son talmente insalubri da far rischiare ai due da un momento all’altro «la disinfestazione con trattamenti intensivi con obbligo di sgombero entro trenta giorni» o peggio «la dichiarazione di non agibilità della struttura con conseguente sfratto». Così Marco tentata assieme a una strampalata combriccola di personaggi locali – tra cui spicca Er Donna, un omaggio al Caligari di Amore tossico – di convincere la madre a bonificare l’abitazione e a smaltire il ciarpame che la intasa. Alfreda accetta a patto che l’aiutino a ricongiungere le salme di Sandra e Raimondo Vianello, l’una infatti si trova nel cimitero di Lambrate, l’altra in quello del Verano. Anzi, la vedova alza la posta: se non l’aiutano a placare Sandra, riunendo la coppia simbolo nazionalpopolare del legame coniugale, s’ammazza.

In questa riuscita commedia sull’ipertrofia della memoria dal forte spessore letterario sono notevoli tanto la padronanza ritmica, quanto la sensibilità linguistica – amplissimo poi il ventaglio dei registri utilizzati: dal realistico sordido al comico, dal grottesco al tenero, dal coloritamente dialettale al lirico, dal satirico al nostalgico. La prosa elegante e non di rado raffinata non disdegna – anzi ci sguazza proprio dentro! – i riferimenti culturali pop anni ’70, ’80 e ’90 con una particolare attenzione per i prodotti televisivi e pubblicitari che in qualche modo si fanno misura di tutte le cose.
Rutran
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Messaggio Da Carlo Martello Mar Gen 11, 2022 4:27 pm

Per correttezza, visto che qui ho una posizione di privilegio, sto aspettando ad accaparrarmi tre recensioni. Però datevi una mossa, ragazz* Very Happy
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Messaggio Da Rutran Sab Gen 15, 2022 12:35 pm

Direi che puoi decisamente accaparrarti le recensioni a questo punto. Da parte mia son felice non poco di esordire su Malgrado le mosche
Rutran
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