Autocoscienza delle riviste
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Autocoscienza delle riviste
Credo fortemente nel potere enorme dell'autocoscienza. Gruppi di autocoscienza hanno attraversato e in qualche caso attraversano ancora la storia politica degli ultimi decenni. Molte svolte militanti sono nate dentro i gruppi di autocoscienza.
Cosa c'entrano le riviste letterarie? Sono convinto che in questo momento le riviste letterarie italiane, con poche eccezioni, non facciano politica per consapevole o inconsapevole scelta politica, scusate la ripetizione, e in qualche caso addirittura ideologica.
Qui non si parla di scrivere letteratura politica in senso didattico, ma di assumere per dato il fatto che la scrittura è sempre politica, anche quando parla di tramonti (o di astronavi o di gangster o d'amore o quando interroga sé stessa, ecc.). Del resto questa è la posizioni di moltissim* quando si sottraggono alla presa di posizione politica aperta e chiara. Ess* dicono e rivendicano: la letteratura è già politica! I miei libri sono politici!
Allora perché non prendere posizione? Perché fare di tutto per tenersi al riparo da qualunque conflitto, anche il più blando?
Questa è una domanda da gruppo di autocoscienza. Ed è una domanda che sottintende altre domande più profonde e temo più faticose da eludere e ancora più faticose da affrontare, ovvero: perché ho/abbiamo fondato una rivista letteraria? Quali sono i miei/nostri desideri? Cosa vogliamo davvero? Quali sono i nostri obiettivi realistici? Che distanza c'è tra questi ultimi e i desideri? La mia/nostra rivista rinuncia in partenza a contribuire a un cambiamento anche minimo del sistema patriarcale capitalista? E perché? Che convenienza ho/abbiamo nel contribuire invece a tenere in piedi questo sistema?
La cosa è sicuramente complessa e richiede coraggio, onestà, volontà di trasformazione e di rinuncia ai privilegi. Richiede anche delle regole, le quali sarebbero da stilare insieme, senza pretese di rigidità, ma in un'ottica di continuo adattamento alla realtà e alle esigenze di tutt*.
Malgrado le mosche inizierà a raccontarsi qui, nei tempi e nei modi che si potrà. Invito fin da subito alla critica.
Cosa c'entrano le riviste letterarie? Sono convinto che in questo momento le riviste letterarie italiane, con poche eccezioni, non facciano politica per consapevole o inconsapevole scelta politica, scusate la ripetizione, e in qualche caso addirittura ideologica.
Qui non si parla di scrivere letteratura politica in senso didattico, ma di assumere per dato il fatto che la scrittura è sempre politica, anche quando parla di tramonti (o di astronavi o di gangster o d'amore o quando interroga sé stessa, ecc.). Del resto questa è la posizioni di moltissim* quando si sottraggono alla presa di posizione politica aperta e chiara. Ess* dicono e rivendicano: la letteratura è già politica! I miei libri sono politici!
Allora perché non prendere posizione? Perché fare di tutto per tenersi al riparo da qualunque conflitto, anche il più blando?
Questa è una domanda da gruppo di autocoscienza. Ed è una domanda che sottintende altre domande più profonde e temo più faticose da eludere e ancora più faticose da affrontare, ovvero: perché ho/abbiamo fondato una rivista letteraria? Quali sono i miei/nostri desideri? Cosa vogliamo davvero? Quali sono i nostri obiettivi realistici? Che distanza c'è tra questi ultimi e i desideri? La mia/nostra rivista rinuncia in partenza a contribuire a un cambiamento anche minimo del sistema patriarcale capitalista? E perché? Che convenienza ho/abbiamo nel contribuire invece a tenere in piedi questo sistema?
La cosa è sicuramente complessa e richiede coraggio, onestà, volontà di trasformazione e di rinuncia ai privilegi. Richiede anche delle regole, le quali sarebbero da stilare insieme, senza pretese di rigidità, ma in un'ottica di continuo adattamento alla realtà e alle esigenze di tutt*.
Malgrado le mosche inizierà a raccontarsi qui, nei tempi e nei modi che si potrà. Invito fin da subito alla critica.
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